
about
Sicula Canicula is a collection of songs composed between 1982 and 1986, during the summer holidays spent by Fabio Costantino mainly on the coast of Ragusa (particularly in Scoglitti, the shore of Vittoria) and in other parts of Sicily.
The songs express the perceptions, feelings, and impressions produced by environmental conditions and human experiences lived with an intense emotional charge. The same context inspired the creative expressions of his father (Giuseppe) and his grandfather (Sebastiano).
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Three generations were involved by the same natural and human environment, the same feeling of communion and harmonic tune with nature in all its manifestations, and the same "desire" to express their intensely lived experiences. Each has used the "communication tools" that were most congenial to them:
Sebastiano: painting, colors...
Giuseppe: poetic expression, words...
Fabio: music, notes...
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Colors, words, and notes are all inspired by the brightness, scents, and atmosphere of the hot Sicilian summers (Sicula Canicula), emanating from every corner of the territory, with its landscapes, nature, culture, and the experiences of the people who have left tangible marks through the "signs" they left us as a legacy.
The CD, in addition to the music, includes the aforementioned poems and paintings.
G. C. Tommasi
Poems
Giuseppe Costantino
Paintings
Sebastiano Costantino
DONNA FUGATA
Tintinnio di sonagli nei pascoli montani.
Il pastore raduna nell’ovile
il gregge transumante.
Nella campagna assolata
frinire di cicale,
guaire di cani
e versi indecifrabili di altri animali.
Voci e canti sfumati
riecheggiano motivi
della tradizione popolare,
evocando atmosfere
dell’ambiente patriarcale
contadino e pastorale.
Suoni della memoria ancestrale mediterranea.
Echi dell’ambiente bucolico arcaico
tra i carrubi di Donnafugata.
La calda estate siciliana.
“ SICULA CANICULA “

ACQUA ALLA ROCCA
Scorre l’acqua della sorgente,
al primo riflesso dell’alba.
Fanciulli spensierati
giocano festosi,
sguazzando nell’ acqua
che sgorga dalla “rocca”.
Lo spirito della sorgente
con il suo flauto magico
richiama il mito delle Naiadi.
Gorgoglio di un ruscello tra i sassi dell’alveo.
Tenue baluginio d’uno specchio d’acqua,
nel canneto di una spiaggia, al tramonto.
Aspirazione nobile dell’animo
alla trasparenza, alla freschezza,
alla semplicità, alla purezza.
di sentimenti, gesti, rapporti.

CAURU
Campi assolati, zolle riarse, piante secche.
Impluvi asciutti.
Morfologia uniforme, piatta.
Orizzonti sfumati dalla foschia.
Atmosfera opaca.
Il lavoro nei campi procede con fatica.
La zappa affonda nel terreno brullo
con sofferenza, emettendo suoni stridenti.
Un fabbro batte stancamente
il martello sull’incudine.
Un pastore spinge il gregge,
zufolando tra le petraie,
verso un rudere ombroso.
Si cerca, ansimando,
un riparo dalla canicola estiva,
all’ombra di una chioma fronzuta.
Gli spiriti agresti evocano suoni
che esprimono l’arsura degli animali,
il pulsare delle zolle che si spezzano,
il fluire dei vapori nell’aria immobile
e l’alitare di presenze invisibili.

CIAURU DI CANNI ABBRUCIATI
Campanelli che tintinnano.
Mucche e vitelli ricondotti nelle stalle.
Il sole volge al tramonto.
Distensione e senso di pace.
Vago rimpianto e dolce mestizia
per il lento estinguersi della luce.
Tra i rami degli ulivi secolari,
il disco rosso s’immerge lentamente,
al limite dell’orizzonte,
tra il cielo ed il mare.
Pennellate di tinte che sfumano
dal rosso al rosa tenue, al violetto,
si spalmano sulle nuvole e nella campagna.
L’ultimo riflesso si distende sul mare,
tracciando una striscia di luce accecante.
Del giorno trascorso rimane
un forte odore di canne bruciate.
Segno del tempo che scorre e non ritorna.

ARGENTINA
Suoni e voci,
percezioni ed emozioni
che sembrano suscitate
da eteree presenze,
materializzate per incanto
dalle zolle e dalle erbe dei campi,
Sensazioni e sentimenti,
espressi, con toni struggenti
da migranti d’oltre oceano,
evocati dai ricordi
di chi è rimasto.
Un coro malinconico
che anima il silenzio del crepuscolo,
preludio delle ombre della notte
e reminiscenza di eventi vissuti
che non ritornano.

pomeriggio
In un tranquillo pomeriggio d’estate,
vissuto in contemplazione,
osservando la natura da un terrazzo sulla scogliera,
il ritmo incalzante della vita,
si coniuga con la soave melodia
di un tramonto pieno di luce.
I colori del cielo, delle nuvole,
del mare, degli scogli, della sabbia,
sono esaltati dal disco rosso del sole
che si riflette sulla superficie marina
con un magico raggio di luce abbagliante
Le onde si infrangono delicatamente sulla scogliera
e lambiscono la battigia, carezzando la sabbia.
L’occhio e la mente suscitano nell’animo
sentimenti di gratitudine, di riconciliazione,
di concordia, di serenità e di armonia .

IANCALARRUNI
Le ombre della notte
incombono sull’altipiano ibleo.
Le bianche rocce calcaree
riflettono la luce della Luna.
Un pastore solitario
pernotta con le sue pecore
tra le mura diroccate
in una masseria abbandonata.
Con il suono del marranzano
(lu iancalarruni),
vuole scacciare pensieri inquietanti.
Come in sogno
gli par di udire voci e suoni
che si intrecciano e si fondono.
Sono voci gutturali, gravi, cavernose
che sembrano esprimere fatica e sofferenza.
Sono suggestioni evocate
dalle millenarie necropoli sicule.
Raccontano storie di conquiste e di sconfitte,
di tradizioni e culture
che si sovrappongono.
Sono suoni simili al tintinnare di campanelli
che richiamano liturgie e manifestazioni
di carattere religioso.
Sono suggestioni evocate
dai siti rupestri di età bizantina.
Raccontano storie di comunità monastiche,
di luoghi di culto, di isolamento ascetico,
storie di persone che vivevano in ambienti trogloditici.
Queste percezioni inconsce
sono forse riflessi di una memoria atavica
trasmessa dai progenitori,
che rievocano storie di popoli
di altre epoche.
Percezioni trascendenti
di un passato ricco di eventi,
vissuto da civiltà che hanno fatto la storia.

VOGA
Nel dormiveglia di un caldo mattino d’agosto,
immagini e sensazioni oniriche
che attingono anche a reminiscenze pregresse,
si materializzano nel presente
come se fossero già vissute.
Dai fondali marini
relitti di navi sepolti nella sabbia,
incastrati negli scogli,
ricoperti di incrostazioni e di alghe,
affiorano in superficie
e sfilano nella nebbia.
Sono navi remiere di età classica:
triremi fenicie, greche , romane.
Il ritmo della voga
che garantisce la sincronia delle palate
è scandito da un flautista
che suona l’aulos, simile ad una zampogna
o da un canto ritmato, in esametri ,il celeuma
o dal suono del portisculus,
un martello specifico per segnare la cadenza.
I rematori, seduti sui banchi,
in spazi angusti,
spingono i remi in acqua
imprimendo alla palata
la propulsione necessaria
per far scivolare,
veloce, la nave, sull’acqua.
Nella piena luce del mattino
le triremi svaniscono.
Adesso, a pochi metri dalla battigia,
una barca da pesca a remi,
scivola sulla superficie piatta del mare.
Il pescatore, in piedi,
voga con palate lunghe e lente,
spostando il corpo,
con movimenti armonici,
in avanti e indietro,
lo sguardo fisso oltre la prora,
verso il porto, verso casa.
Il pescatore di oggi condivide,
con i rematori di ieri,
il legame tra il proprio corpo,
(mente e cuore),
la barca ed il mare.

ASTATI
Frinire di cicale
alla “Salina”.
Astati sta finennu.
Sulla spiaggia
i bagnanti chiudono gli ombrelloni,
dopo una mattinata di sole e di mare.
Domani qualcuno non tornerà.
Dell’estate trascorsa
si ricordano i momenti appaganti
di giornate spensierate.
La nuotata verso il largo,
il tuffo dallo scoglio,
il ritorno in apnea,
verso la spiaggia.
La gita in barca,
l’escursione lungo il litorale,
il bagno nella caletta nascosta,
la scivolata dalle dune.
Il bagno di sole
sdraiato sulla sabbia,
le chiacchierate con gli amici,
i flirt con le ragazze.
Il riposo pomeridiano,
quando, nella spiaggia deserta
domina il silenzio,
e dalla finestra socchiusa
giunge la struggente musica della risacca
che accompagna l’onda
nel suo progredire e retrocedere.
Le serate in piacevole compagnia
tra giochi , pizze e danze.
Le suonate in gruppo
con band improvvisate.
Le passeggiate fino a tarda notte
al chiar di luna
e i cerchi attorno al fuoco sulla spiaggia.
Il monotono e ossessivo verso delle cicale,
tra i cespugli della scarpata
e le ombre della notte incombente
annunciano la fine dell’estate.
Una tappa del nostro cammino
che si vorrebbe prolungare.

KAMARINA
Dai ruderi sepolti di Camarina
emerge dalla nebbia del tempo
il ricordo della sua storia.
Colonia siracusana
fondata nel sesto secolo a.C. ,
si sviluppò tra le valli dell’ “Hipparis” e dell’”Oanis”.
Sulla spianata della cresta collinare
prospiciente il Mediterraneo
si ergeva il tempio di Athena.
Pindaro la cita nella IV Olimpica
celebrando Psaumide, figlio di Acrone,
vincitore nella LXXXII Olimpiade.
“Canta il tuo bosco, o Pallade poliate,
ed il fiume Oani, e il lago e i canali venerabili
per mezzo del quale il fiume Ippari irriga la contrada
e fabbrica un alto bosco di solidi talami,
guidando la cittadinanza dalla oscurità alla luce”.
L’antico porto,
distrutto e riattivato nel medioevo,
è stato coperto dalle dune.
La sua “torre di guardia”,
il “papallosso di Cammarana”,
è crollato nel secolo scorso.
I reperti archeologici
raccontano eventi drammatici
esternati con toni tristi e malinconici.
Aspri conflitti, distruzioni e saccheggi,
che provocarono ripetutamente
l’esilio e lo sgombero dei cittadini camarinesi.
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Altri eventi mostrano anche una città molto attiva e florida
che rinasce dopo la ricostruzione
e raggiunge traguardi gloriosi tra le colonie greche.
Tali eventi però sono vanificati, alla fine,
da una prematura e definitiva distruzione,
con la conquista dei Romani, nel terzo secolo a.C. .
La ricostruzione storica della città di Camerina
riporta ad un passato non vissuto, ma rievocato
come radice di una pianta ancora viva.

A PRUVENZA
Il Maestrale, vento di ponente,
irrompe nel Mediterraneo occidentale,
dalle coste della Provenza.
Secondo tradizione,
“ventu di pruvenza forti
tri jorni e tri notti”.
Maltempo ed aria fresca,
temporali, scrosci di pioggia,
mare in tempesta.
I marosi si infrangono sugli scogli
invadono le spiagge,
ed allagano gli anfratti tra le rocce.
Una interruzione forzata
delle solari giornate estive,
un anticipo del prossimo autunno.
Evasione dalla realtà tangibile,
percezione astratta
di una dimensione trascendente.
Dal vissuto quotidiano,
spensierato, superficiale, godereccio,
alla meditazione del proprio intimo
più profondo.
Ritorno dall’esteriorità all’interiorità,
alla riflessione, alla meditazione,
sul senso della vita.
Ricerca della verità,
con la mente e con il cuore
nel suo significato più profondo.
Occorrono, mente (ragione) e cuore (fede)
per camminare incontro alla verità,
per arrivare assieme a Dio. (S. Agostino).
